domenica 15 luglio 2007

Primavera (a spasso senza costrutto)

La primavera.

Credo di essere sempre stato allergico. Anzi ne sono sicuro. Ricordo che mia mà mi indicava come “fridür permanente” e di fazzoletti ne smosegnavo tanti. Pure il rosso mi colava spesso: ne ricordo a scuola… a sciare, a casa, dalla zia… che mi metteva un dindo sulla fronte e mi faceva reclinare il capo all’indietro, rischiando di soffocarmi col mio stesso sangue: poi ho preso a ragionar col cerebro mio, a soffiarmi fuori tutto l’intruso e il flusso cessava prima. Sì, ero sicuramente allergico e la primavera già l’era nefasta. Eppure la si aspettava volentieri: si appropinquava la fine della scuola, e l’inevitabile periodo dei giochi in terrazza colla pallina da tennis presa a calci, dietro al morbo dell’onanismo ludico, non biblico. Per quello il tempo sarebbe venuto, ed in abbondanza. Eh, già, le influenze, dacché si sudava sempre, presi chissà da quali impellenti impegni… ma a ben pensarci, io mi ammalavo in tutto l’anno. Finivano i pomeriggi in Pezzeda: allora nevicava alquanto; finivano le garette, e già si parlava, a casa, di mare. Non era già la mia stagione, eppure i colori e la temperatura non mi rompevano i coglioni con strafottenza:la moderazione andava bene a tutti, grandi, piccini, vecchi e lavoratori, e forse questo lo sentivo, o forse no. Penso solamente che si declinava verso la fine delle sedute in aula… ricordo questo; aprile bagnava ancora troppo l’intuita libertà e maggio… maggio, cribbio, ci portava i maggiolini… le sanforgne! Dove cacchio saranno finite? Ne ricordo a mucchi, giù, al santuario, le prendevamo per farle combattere, prigioniere in aula, dentro posticci ring; le facevamo volare dalla finestra e ci stupivamo che parecchie si facessero beccare attaccate a coppie, un po’ come quei tizi sui giornaletti celati in buche, su, al salto in lungo: ma che fosse naturale, l’era cosa chiara anche a dei piccoli stronzetti, ignoranti del bene e del male. Beh, del male mica poi tanto. Il fatto è che i maggiolini imperversavano… anche vicino casa, sopra la fontana, coorti, legioni di carri armati in miniatura volanti. Ah, sì, la campestre, i giochi atletici… Sparta in Valletronfia. Tutto morte e degenerazione. Poi si andava per i sentieri, in Calchere con l’amato Gim, ciondolavamo in Caregno a fare i cretini gettando acqua sulle poppe delle coetanee, stupendoci anche lì che si intravedessero seni veri. Ci si stupiva di tutto, a primavera. Ma delle rondini non me n’è mai fregato granché, nemmeno mi son mai curato dei nidi, non ci si può curare di ogni pettirosso caduto, vero Cohen? Ora che ci penso… ero al liceo, guardavo la finestra, e vidi su una grondaia un fratellino volante: è veramente dura, volare; forse allora ci credevo ancora, ai sogni, ai progetti, alle fole, alle strolaghe. Sì, c’è una primavera nella vita di tutti, e gli odori non sono molesti e ogni cosa è potenziale; ma non è mai stata la mia stagione. Anche in seguito, schiacciata dagli esami… non ho mai fatto granché, fuori, al sole tiepido. Dalla terrazza del Blachì potevo saltare alla noia d’agosto, tanto un appello qui, un altro lì, giugno e luglio si fottevano, e i mesi precedenti… pure parentesi. Ma la città un fascino l’aveva, quello dell’asfalto non ancora bollente, quello dei primi gelati all’ombra davanti alla Feltrinozzi, quello delle sottanine svolazzanti: e si poteva camminare e camminare, in pia processione verso niente. La primavera ti fregava con le sue promesse, con cestini, gerle di promesse, mai mantenute. La primavera: liete carole di fanciulle di fiori vestite e Pachelbel gigioneggia… inseguono teorie di farfalle moriture, svolazzi colorati sopra petali fragili come la brezza e si sparpaglia il polline molesto per eternare la specie, almeno finché la creatura a sua immagine e somiglianza non pigli falce, falcetto, decespugliatore e bomba H. O napalm. In primavera tutto sembra bello e possibile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

"si sparpaglia il polline molesto per eternare la specie". Mamma mia che sintesi. Qui dentro ci sei tu, deidratato e ristretto.C'è dentro l'uomo e la sua weltanshaung, in nove parole.
Tutto il pezzo è molto bello, l finale soprattutto è così... delicato.
'Smosegnare' la adoro, immagino non sia una tua invenzione ma un dialettiemo.
Mi piace molto immaginarti a pigliAr maggiolini, giù al santuario (sembra un luogo mitico.. mi mandi una foto?)