lunedì 16 luglio 2007

Incontri nella città cangura

I

E allora cammino in una delle solite vie dove tutto è alla moda semmai si sapesse di quale moda si sta parlando, non certo di quel fiato di vento che or vien quinci or vien quindi e muta nome perché muta lato, come appunto qui giri il cantone e ritrovi le baracconate dell’altra via ma di altri commerci… d’altre importazioni. Comunque cammino in ‘sta via, pian pianino ché il mio ginocchio fa le bizze e passo tra la folla poco attento al cicalare in mille favelle, quand’ecco che da man manca mi passano due tette gaudenti e io indugio subito colla mia urgenza di vedere qualcosa di bello. Il sorpasso prosegue ed il mio occhio birichino scende lungo le finalmente sinuose forme della fanciulla, bloccandosi fulminato sulle chiappette, belle tonde e liuteggianti. Poi torno verso l’alto pronto a carpire il gesto vezzoso della callipigia che vuol raccogliere la chioma come ramata cascata in una crocchia in alto, ma il gesto, ancheggiando, l’è arduo e la spuma rossa riscende e lei ritenta, il tutto scoprendo il collo, a lo ver dire troppo abbronzato, ma come vischio mortale per l’incauto uccellino occhialuto. E ritorno in basso, gigione, vedendo la spina dorsale e i fianchi che si restringono in una testimonianza non alcolica, una volta tanto. Il costume è bianco, in due minuscoli pezzi, e l’inferiore è velato da un pareo rosa trasparente. Gran dio che impertinente quel sottile tessuto che non vuol stare a sentire ragioni ed entra birichino tra chiappa e chiappa, mentre la sinfonia si fa martellante, più giù le gambe paiono consone al gioioso posteriore e da bravo discipulo di russi, occhieggio le caviglie filiformi e sorrido ad un degno invecchiamento se corredato da oculata alimentazione. Poi torno sulle chiappe che il buon Gesù non mi rifarà vedere facilmente giusto in tempo per vedere che l’amica, e chi l’avea vista?, ha notato lo sbirciare del poarello e si fan vicine alla vetrina ed io passo col mio lento caracollare, per qualche secondo grato alla via modaiola. E mi figuro l’approccio e la richiesta di appuntamento successiva e rido di me… poi considero Franceschino e rido di loro che al bel paino non saprebbero dir di no, anzi non parrebbe vero d’aver cotanto onore, ma il fratello è lungi ed io porto la mia faccetta calva in altro loco ché c’è da spedire cartoline.

II

La Bellezza salverà il mondo. Usi ed abusi di questa frase; mi ricordo della mia arrabbiatura quando lessi della figura del principe Myskin affiancata a quella di Gesù, senza poi alcun dubbio! Ma non di questo voglio scrivere. La Bellezza salverà il mondo? No, certo che no, rantolerà verso la fine senza giudizio, poi sarà un nuovo inizio; ma una piccola bellezza salva una giornata, sì. Così stamani mi trovavo nella City coll’incombente dovere di comprare souvenir, ché non è possibile redire in Ausonia senza; e giravo ramingo e bastonato tra negozietti dove non sapevo se arrabbiarmi o no, per la stessa sterile ripetizione, su tutti gli scaffali, degli stessi malnatissimi oggetti per giunta tutti con etichetta certificante la provenienza cinese. Entravo ed uscivo sentendomi sempre più mogio e cariche le spalle d’un pondo simile a quando scarrozzavo lo zaino alpino. Poi, spronandomi come davanti al cancelletto per le gare di sci, mi son preso il cuore nelle mani… ed in apnea ho concluso trattative ed acquistato ricordi per i genitori e per quanti altri mi son venuti alla mente non abbastanza narcotizzata. Subiti i mille sorrisi delle cassiere, col loro farfugliante mercì, me ne son tornato a casa reso iracondo anche dal ginocchio nuovamente cigolante. Quindi nel pomeriggio, serio o faceto, decidevo di recarmi in un loco ove sapevo di trovar un raro dvd d’un vecchio film con il mio idolo Emmanuelle Beart, già volenteroso di rifarmi dello scorno mattutino vedendo la dea nell’etade fanciulla e ristorando così la frustrata psiche alla fonte di tanta grazia. Ma la tristezza m’era così abbrancata, che non sapevo decidermi all’acquisto, preso a ponderare i soldi ch’abbandonavano le mie bisacce.

D’un tratto, come all’inizio della Fuga, vengo stordito dall’ingresso nel piccolo negozio, d’un lacerto di bellezza che con immensa sua generosità vaga per questo mondo donando serenità, e momentanea emozione ai miseri tapini, cerchia di cui io faccio da tempo parte. Mi scivola alle spalle e repente parla al commesso con l’odiata lingua della perfida Albione, che deve pagare per i suoi delitti, ma con un tono che rende armonica anche quella che troppo spesso mi par cacofonia. Non visto, la guardo: capelli corvini raccolti in un travolgente disordine, pelle leggermente abbronzata e attraversata da delicate efelidi, labbra carnose, ricorda la principessina del paradiso fiscale, ma più matura e con sprazzi d’Angelina la bella. Secche le fauci, piglio il dvd, appena la piccola venere cangura s’è allontanata, pago e le passo io dietro stavolta, odorando il sole e l’aria marina e notando che sotto i gitani vestiti par tutto al proprio posto e cum gratia! Poi esco e, profittando del lento apparire dell’omino verde per attraversare, attendo e me la trovo dietro con l’amica che forse era pur lei nel negozio ed ad alta voce latro –mioddio ma quanto sei bella!- tanto non mi capiscono e, mentre attraverso, lei parte per la direzione opposta scomparendo nel suo futuro, che la vedrà tramontare e purtroppo perdere la tessera… d’emissaria della Bellezza e subito riabbraccio il mio fratello Munch…

Tornato nell’ombra non posso che constatare quanto sia ampio il divario tra la consuetudine, triste e laconica, e il caso particolare capace di farti suscitare davvero arcobaleni su orizzonti di ragnateli e petali sui tralicci delle inferriate.

Ad essere Montale, però.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Beh, queste due le hai proprio pittate :-). Sembrano vive, soprattutto la prima.
So di ripetermi ma, sarò breve. Il tuo modo di elevare le donne a 'lacerti di Bellezza'è il tuo tallone d'achille. Non so come spiegarmi...ma se riuscissi a vederle come esseri umani... te ne sarebbero grate.