sabato 12 marzo 2011

Memorie di loro non lascerò indietro -I-

La strada si inerpicava allora come ora, petrosa e contorta tra isole e poggi aerei da cui i cacciatori solgono e solevano tirare la loro stupida bramosia di omicidio. Né ricordo l’ora, né la stagione, solo il tetto ceruleo del cielo e il sole caldo. Del fatto che ci si presentò davanti un trattore, ebbi contezza colo scendendo dalla jeep dello zio: ne ero sballottato nei miei cinque anni e avrei preferito zampettare per i prati, sennonché le mie zampette non m’avrebbero portato lassù. Smontammo tutti dalla jeep, senza nemmeno dubitare dell’idea che presta divenne atto e poi, per fortuna, fatto. Io svoltai con la zia e qualcun altro, vedendo la corda e non capendo altrimenti che lo zio manovrava in modo convulso. Ricordo le preghiere, le urla degli uomini e il fragore dei sassi sparati a valle dalle ruote della jeep che facevano un mestiere ben strano: ruotare vorticosamente onde impedire, assieme alla corda, legata ad un capo ad una pianta, tenuta tesa dalla braccia tese nello sforzo degli uomini, e all’altro al frontale della jeep, che questa, scesa nel dirupo in retro, piombasse nel vuoto e si fracassasse a valle con sopra lo zio a pigiare sull’acceleratore. Passò il trattore per la strada stretta con le ruote sulla corda e sciorinò via dalla memoria; la jeep tornò su, per nulla spinta dalle nostre preghiere: ci sono risalito, per poi non salirci mai più nei restanti giri della luna e del sole che io vidi. Piangevano le donne, ma la tragedia non fu quella, sebbene accadde sempre lassù e io, come allora, c’ero, testimone muto per poca età.

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